Marco Van Basten ha illuminato il mondo del calcio con la sua classe e perfezione. Ripercorriamo insieme un po' della sua carriera al Milan
Sessant'anni, il tempo di una carriera e di un'eredità che ha cambiato tutto il mondo del calcio. Marco Van Basten, attaccante olandese ex Milan, ha illuminato il mondo del calcio con la sua classe e perfezione. I primi anni sono stati un trionfo, culminando con i ritiro forzato a soli 31 anni, segnato dalla perdita della sua caviglia di cristallo.
Come ci ricorda Tuttosport, la sera del 18 agosto 1995, Marco ha vissuto il suo addio: "State applaudendo un fantasma", ha scritto nella sua autobiografia, "Fragile". Il suo ritiro non fu solo un evento sportivo, ma un vero e proprio funerale personale. Nonostante avesse soltanto 31 anni, il dolore e la sofferenza lo avevano segnato profondamente. "Ero disperato", ha confessato, un sentimento che ha accompagnato la sua esistenza post-calcio.
Il suo approdo al Milan fu un colpo di genio di Ariedo Braida, nonostante lo scetticismo iniziale di Silvio Berlusconi, che preferiva Ian Rush. Già dalla prima volta a Milanello, la sua classe era evidente. Gli allenamenti erano una danza: dribbling, finte e tiri da far rabbrividire. La sua magia si manifestò in una notte indimenticabile a Barcellona, dove contribuì a conquistare la Coppa dei Campioni. "Sembrava di correre spinto da una mano invisibile"ricorda Marco.
Dietro la figura del campione, c'era un uomo complesso. Marco e l'allenatore del Milan, Arrigo Sacchi, non avevano mai avuto un certo feeling, aspetto che Marco non ha mai e poi ai nascosto. Pur riconoscendo il valore dell'allenatore, ha sempre mantenuto una critica verso il suo modo di gestire i rapporti umani.