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Sacchi: “Fortunato al Milan: Berlusconi avviò il Rinascimento del calcio”

Daniele Triolo

Bella intervista ad Arrigo Sacchi sulle colonne del 'Corriere della Sera': l'ex allenatore del Milan ha parlato molto dei suoi trascorsi in rossonero

"Venerdì 1° aprile Arrigo Sacchi, il 'Profeta di Fusignano', festeggerà 70 anni: un traguardo importante per un uomo che, come ricordato questa mattina dal 'Corriere della Sera', ne ha spesi ben 27 di quelli su un campo di calcio. Proprio sulle colonne del 'CorSera', Sacchi ha rilasciato una bella intervista, nel corso della quale ha ricordato, con emozione, i suoi trascorsi in rossonero: al Milan, Sacchi ha allenato dal 1987 al 1991 (con breve ritorno a campionato in corso nella stagione 1996-97), vincendo 1 Scudetto, 1 Supercoppa Italiana, 2 Coppe dei Campioni, 2 Supercoppe Europee e 2 Coppe Intercontinentali. Ecco alcuni stralci dell'intervista di Sacchi:

"Quando capì che quello di allenatore poteva essere il suo mestiere?

"“Mai. Lavoravo nell'azienda di mio padre ed allenavo il Fusignano in Seconda Categoria. Ero lo stesso che poi avrebbe allenato il Milan. Ho sempre cercato di giocare bene. Non capivo quando mi dicevano: quest'anno dobbiamo salvarci. Dobbiamo fare il meglio possibile, non salvarci chissà come, magari per pura fortuna. Non mi sono mai piaciute le scorciatoie”.

"Berlusconi disse che lei aveva la “paranoia della vittoria”.

"“La paranoia sicuro, ma non della vittoria. Non sono mai stato uno da sfumature, per me c'erano solo il bianco e il nero. E ho sempre amato il mio lavoro senza ritegno. Per me il calcio è uno spettacolo sportivo, non una moderna versione dei giochi del Colosseo, e la vittoria è la conseguenza delle idee e del lavoro”.

"Un esempio della sua paranoia?

"“In sei mesi avevamo vinto tutto con il Milan. Festeggiammo con una cena. Baresi e Ancelotti mi dicono: siamo i migliori al mondo. Ho guardato l'orologio, erano le 23.30. Siamo i migliori ancora per mezzora, domani si riparte da zero”.

"Occhio, pazienza, memoria e … fortuna. Quando è stato fortunato?

"“Niccolò Machiavelli sosteneva che la fortuna era determinante per il 50%, secondo il mio vecchio motto non superava il 25. La mia fortuna sono stati un paio di sorteggi, che all'apparenza somigliavano ad una disgrazia. Ero al Parma, neopromosso in B, in Coppa Italia ci tocca il Milan. Era appena arrivato Berlusconi, aveva appena preso cinque nazionali. Nel girone vinciamo 1-0 a San Siro. Passiamo il turno e negli ottavi ci tocca ancora il Milan, ancora a San Siro, e vinciamo ancora 1-0. Con l'impegno e il lavoro avevamo trasformato un sorteggio sfortunato in un grande colpo di fortuna”.

"Che la portò sulla panchina del Milan. Era il 1987: Scudetto, coppe di tutti i tipi ed un calcio che non si era mai visto prima …

"“Appena arrivato mi invitarono alla Bocconi – ha ricordato Sacchi -. Uno studente mi chiese: come pensa, lei che non è stato un grande calciatore, di poter insegnare qualcosa ai campioni del Milan? Risposi: per fare il fantino non è necessario essere stato un cavallo. Fui fortunato, ancora, perché trovai dirigenti pazienti e competenti e giocatori magari diffidenti ma non prevenuti”.

"Momenti davvero difficili?

"“Avevamo perso a Lecce con l'Espanyol, dopo quella partita non dormii, passai la notte a studiare il prossimo avversario, il Verona. La stampa mi attaccava. Chiamò Berlusconi: hai bisogno? Io: sì. Venne a Milanello, parlò alla squadra, spiegò che la società credeva nel mio lavoro, e che chi non era d'accordo poteva andare via. Quel Milan lasciò il segno sul campo, ma Berlusconi avviò il Rinascimento del nostro calcio: vincemmo noi e per anni le squadre italiane arrivarono sempre in fondo alle coppe”.

"Rischi presi?

"“Tanti. Dopo una sconfitta Van Basten parlò alla stampa, venne fuori che non era d'accordo con me. La partita dopo lo portai in panchina: stammi vicino, di sicuro sei in grado di darmi consigli preziosi. Un'altra società magari mi avrebbe cacciato”.

"Quando chiese Ancelotti però Berlusconi non era d'accordo …

"“Ero a Parma, sentivo parlare tutti benissimo di Carlo. Ho sempre cercato l'uomo prima del giocatore. Lui aveva avuto gravi infortuni alle ginocchia, Berlusconi non era convinto: per le ginocchia, e perché era una mezzala e io volevo metterlo davanti la difesa. È l'interprete sbagliato per la tua musica, diceva. Ma alla fine Ancelotti arrivò, per fortuna”.

"E per la 'musica', come avete fatto?

"“Aveva 28 anni, aveva giocato in Nazionale, ma non ebbe il minimo problema quando gli proposi una serie di 'lezioni private'. Veniva prima dell'allenamento, studiava tutti i movimenti, li provava, e dopo un po' li fece suoi”.