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5 cose che non sai su…Diego Costa

Donato Bulfon

Nelle ultime ore il suo nome è stato accostato al Milan come possibile nuovo bomber rossonero. Andiamo a conoscere meglio Diego Costa, in 5 sue particolarità poco conosciute

"Un calciatore atipico, spagnolo ma di origine brasiliano, cresciuto in strada ed abituato a farsi rispettare. Ma allo stesso tempo sensibile e desideroso di giustizia. Ecco cinque curiosità su Diego Costa, attaccante del Chelsea, accostato al Milan nelle ultime ore.

"LA DATA DI NASCITA - Nato il 7 ottobre come Vladimir Putin o Jacques Cazotte, ’autore settecentesco del Diavolo innamorato (dove si racconta di un giovane spagnolo che sfida e viene sedotto dal diavolo, ndr), giorno anche della famosissima battaglia di Lepanto, Diego Costa è definito un combattente sin dalla sua nascita. E in quel giorno, della sua regione natìa in Brasile, viene messa in scena la Chegança, una danza popolare che riproduce la battaglia tra cristiani e mori per il trono del Portogallo.

"UNA LUCERTOLA SULLE STRADE - Diego Costa è nato nel 1988 a Lagarto, città brasiliana di 100 mila abitanti, che in lingua portoghese significa lucertola. Fino a 15 anni, il futuro bomber non aveva una squadra e giocava per strada proprio come una lucertola. "Mi manca la formazione di base, per questo ho fatto male alcune cose", ha più volte sottolineato l'attaccante del Chelsea. Le varie testimonianze che lo raccontano sono però tutte concordi: Diego Costa è sempre stato il più forte e il più competitivo- Quando non vinceva era pronto a prendere a pugni qualcuno se necessario. "Crescere in un academy ti modella, ti dà una certa educazione, una disciplina che è necessaria. Io non l’ho avuta". Forse anche per questo, lo stesso giocatore ha messo su un accademia per i ragazzi brasiliani.

IL SERPENTE, IL DIAVOLO E LO YORKSHIRE - Qualcuno racconta che a due settimane di vita, mentre dormiva, un serpente velenoso scivolò nella sua culla. Non lo morse, grazie all’intervento della madre. Lo stesso Costa è convinto che nelle sue vene ci sia la voglia di vincere e di battagliare. Chi lo racconta, ricorda spesso un aneddoto, quando cioè il giovane Diego prese a calci un pallone fino in chiesa, con il sacerdote che profetizzò: "O giocherà a calcio o diventerà un diavolo".  Anche il suo allenatore al Valladolid, José Luis Mendilibar, quando parlava di Diego Costa, parlava di mala leche, cioè come di un latte cattivo dato ad un neonato. In parole povere, la negatività è dentro di lui, da sempre e per sempre, come un veleno interiore, tanto da essere chiamata Burrega, cioè letteralmente capretto testardo in combattimento. Ma dentro c'è anche l'altro lato della medaglia, come le lacrime e la depressione per il suo piccolo Yorkshire Terrier, quando per sbaglio lo ha investito in retromarcia con la propria auto.

DR. JEKYLL E MR. HIDE O FRANKENSTEIN - In campo Diego Costa è un'altra persona, con i compagni di squadra che spesso rivelano come prima di ogni gara lui sia davvero molto calmo. Un po' come Dr. Jekyll e Mr. Hyde, ma anche come Frankenstein, il gigante mostruoso dalla grandissima forza, emarginato e un po' reietto, considerato con il cliché del bruto senza cuore, un po' scimmiesco dal sembrare un travestito, ma solo in campo, proprio come una macchina che a fine partita si spegne.

UNO SPAGNOLO BRASILIANO - Diego, nome datogli dal padre in onore di Maradona, stride un po' con il suo essere brasiliano, che con gli argentini non vanno proprio d'accordo. E come il nome, un po' controcorrente, Costa sceglie l'Europa e non il Brasile, neanche diciottenne, quando accetta le avances del Braga. Il padre voleva che accettasse invece il San Caetano, ma la sua parola è sacra, anche a costo di litigare con tutti. Diego vuole essere indipendente dai propri genitori e la sua formazione calcistica europea, lo porta poi a scegliere la Spagna piuttosto che la nazionale verdeoro. Ma come il suo più importante omonimo, Diego si è battuto, ai tempi dell'Albacete, per i diritti sul lavoro dei dipendenti del club che non venivano pagati, al contrario di loro giocatori. Nessun allenamento, fino a quando tutti gli stipendi non sarebbero stati pagati. Diego fu chiaro: "Presidente, la mia mano non gliela do, finché non paga anche loro".

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