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Stasera si giocherà Stella Rossa-Milan, gara d'andata dei sedicesimi di finale di Europa League. Una partita che rievoca dolci ricordi, a partire dalla stagione 1988/89, la prima di Arrigo Sacchi, quando la nebbia decise che doveva iniziare il ciclo più grande della storia del calcio. Ne ha parlato Giovanni Galli sul canale Twitch del Milan. Ecco le sue dichiarazioni su questo e tanto altro.
Su una sua immagine con le cuffie in panchina: "Forse era una radiolina e stavo ascoltando gli altri risultati. Una volta si poteva, forse era l'ultima di campionato. Non saprei. Credo fosse una radiolina perché all'epoca si giocava tutti contemporaneamente".
Se quello Stella Rossa-Milan è stata la scintilla: "Sì, quella partita è un concentrato di tutte quelle che possono essere le emozioni, le difficoltà e le paure, ma anche a un certo punto la convinzione di poter essere protagonisti. Quella era Coppa dei Campioni, ora la Champions la fanno in quattro, all'epoca solo chi vinceva lo Scudetto. Quella partita fu la spinta per inseguire quell'obiettivo stagionale. Ci permise, al termine di quel percorso, ovvero la vittoria a Barcellona con la Steaua, anche di partecipare alla Coppa dei Campioni l'anno dopo. Se fossimo stati eliminati con la Stella Rossa non avremmo vinto e non avremmo partecipato l'anno dopo, sarebbe finita la nostra storia".
Sul tiro di Savicevic: "Non cerco scuse, fece un bel gol. Colpì di collo pieno".
Su Donadoni: "Avevo già vissuto un'esperienza come questa, la caduta a terra di Roberto mi ha dato subito l'impressione che fosse svenuto. Non mette le mani, cade a peso morto. Sviene appena colpito. Avevo negli occhi quella cosa e mi avvicino ai miei compagni perché ero consapevole che la televisione stesse trasmettendo quell'immagine e vedere i compagni mettersi le mani nei capelli poteva far pensare male alla famiglia. Quindi cercavo di smorzare il tutto".
Sulla serie dei rigori: "Il calcio di rigore di Baresi, calciato con una violenza e una forza che stava per bucare la rete o buttare la porta. Tutti i tifosi stavano fischiando. Quel rigore zittì tutto lo stadio. Se prendeva il portiere, lo bucava".
Su Rijkaard che prende il posto di Cappellini: "Io non ero in panchina, ma in quel momento avevamo due rigori di vantaggio. Quel rigore avrebbe determinato la fine, per cui dare la responsabilità di quel rigore a un ragazzino penso sia stato il motivo della scelta di Rijkaard. E anche lui ha tirato con grande violenza, il palo nonostante lo stadio pieno fa molto rumore... In quel momento non capisci più nulla. Era stata un'odissea senza fine, quel rigore ci ha liberato da un incubo. Stare lì era diventato un incubo".
Che partita si aspetta domani: "La cultura della Stella Rossa, delle squadre slave, è di essere squadre tignose, che giocano molto sull'atletismo difensivo e sulla fantasia in attacco. Sono duri, i difensori menavano a più non posso. È nel loro DNA a livello difensivo. Addormentano la partita, ma hanno grandi individualità. Il Milan deve riprendere il proprio cammino. Lo Spezia ci ha dato una lezione di gioco, ero dispiaciuto alla fine, ma li ho applauditi perché erano molto organizzati. Non avevano paura. Continuavano a pressare alto. È il calcio che a me piace. Da una parte c'era il Milan che purtroppo stava subendo una lezione di calcio e dall'altra una squadra che ha dimostrato che il calcio supera le individualità e questo mi riporta 35 anni indietro, era la filosofia di Sacchi. Che quando allenava il Parma ci diede una lezione con una squadra di sconosciuti all'epoca. Significa che quando si lavora bene e si ha feeling con il proprio allenatore si può andare oltre l'ostacolo. L'ha dimostrato lo Spezia, ma detto questo il Milan deve ritrovare se stesso. Nel girone d'andata è stata la sorpresa perché giocava bene e nonostante gli infortuni tutti giocavano bene, c'era aria di gioia. Spero che la ritrovi subito, perché c'è anche il Derby domenica".
Sul Derby: "Ho una sensazione in cui mai come ora si deve rubare la frase che il Derby è una partita a sé. Perché se faccio un'analisi di ciò che è successo ultimamente, ovviamente l'Inter parte avvantaggiata, ma non sempre il più forte e il più in forma vince. Intanto pensiamo a domani, poi ci sono solo due giorni per prepararlo. Erano anni che non c'era un Derby tra prima e seconda. È bello per il calcio e per Milano soprattutto".
Se si riesce a pensare una partita alla volta: "Forse fino a quando non scendi in campo può esserci il pensiero della partita più importante. Per noi era diverso, ora si gioca ogni tre giorni. A volte si perde anche la dimensione. Però l'ambiente, con i giornali, con l'Inter che passa davanti, che è più forte, che ha i nomi in cinese (che non si può guardare), magari condiziona. Però ora si pensa a domani, si pensa alla partita e a riprendere il lavoro che si è interrotto. Poi bisogna subito però focalizzarsi sul Derby".
Sulla notte tra le due partite a Belgrado: "Un po' particolare, perché abbiamo dormito poco con l'adrenalina di quella partita terminata e il pensiero di quella del giorno dopo. Siamo tornati tardi in albergo, abbiamo mangiato qualcosa, poi non è che vai a letto subito, vai in camera dei compagni e inizi a parlare. Ricordo che ero in camera con Baresi, Tassotti e Ancelotti e parlavamo della squalifica di Carlo. Bussò alla porta Sacchi, entrò, ci guardò e ci domandò che cosa dovessimo fare il giorno dopo per vincere. La nostra risposta fu la stessa: giocare da Milan, come sappiamo. Siamo arrivati qui giocando un calcio meraviglioso nell'anno dello Scudetto e nel pre stagione e quella fu la risposta. Forse fu la tisana per Arrigo, ipocondriaco di calcio. Probabilmente andò a letto e riuscì a dormire una mezz'oretta, altrimenti non ci sarebbe riuscito".
La chiusura: "Forza Milan domani sera e soprattutto per il Derby..."
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