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Zlatan Ibrahimovic alla sua ultima gara con la Svezia ad Euro 2016 (credits: GETTY Images)
Intervistato da Sky Sport, per lo speciale "I signori del calcio" Zlatan Ibrahimovic ha ripercorsa la sua lunga carriera, qui un'anticipazione del programma, dove l'ex attaccante del Milan racconta tutte le difficoltà vissute da ragazzo, quando non era ancora un campione affermato, ma un semplice bambino figlio di immigrati: "Sono cresciuto con mio papà. Lui lavorava tanto per permetterci di vivere. Il nostro frigorifero non era mai pieno, non avevamo tanto da mangiare. Per esempio, quando andavamo a giocare i tornei giovanili in Germania con la squadra primavera del Malmoe andava dovevo chiedere 3000 corone a mio papà. Allora lui cosa faceva? Mi lasciava questi soldi e non pagava l’affitto per un mese, e mi mandava per giocare questi tornei, perché lui faceva tutto quello che poteva e mi dava tutte le alternative che c’erano".
I primi difficili anni al Malmoe: "Quando sono arrivato al Malmoe non sono stato accettato dai compagni e dall’ambiente, perché avevo un nome straniero. Poi la squadra è retrocessa nella seconda divisione svedese e tanti giocatori andarono via. La società era quindi obbligata a usare i giovani, che erano forti, perché avevano vinto tutto nei campionati giovanili svedesi. Io non ero titolare, entravo dalla panchina, ma ancora non ero accettato e benvenuto. Poi è arrivato un allenatore, Roland Anderson, che ha visto una mia partita in Under 20 e dalla società mi hanno detto: “Domani l’allenatore della prima squadra ti vuole vedere”. Io ho pensato di aver fatto qualcosa di grave, di aver commesso qualche errore. Invece Anderson mi ha detto: “Basta giocare con giovani, adesso devi misurarti con i grandi”. Finalmente avevo trovato una persona che credeva in me. Allora ho colto l’opportunità, l’ho sfruttata e sono arrivato a dominare totalmente".
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