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Andriy Shevchenko e Martin Laursen durante un Milan-Verona (credits: GETTY Images)
A pochi giorni dal Derby, torna a parlare uno che più di molti altri se ne intende: Andriy Shevchenko. L'ucraino ha più volte fatto gioire i tifosi del Milan e piangere quelli dell'Inter, anche se la partita che più di tutte è legata al suo nome è la finale di Champions League contro la Juventus a Manchester. Ai microfoni di DAZN ha rilasciato una lunga intervista in cui ha ripercorso la carriera, tra successi e rapporto con allenatore e compagni.
Sul suo inizio: “Lobanovsky, il mio allenatore della Dinamo, è stato un grande maestro di calcio, tutta la mia storia calcistica è cominciata con lui. Mi ha dato tanto, mi ha cambiato tanto. Di lui ricordo i ritmi: in ritiro facevamo tre allenamenti al giorno. Sveglia alle 6, alle 7 primo allenamento, poi colazione e secondo allenamento. Poi doccia, pranzo veloce e terzo allenamento. Kaladze quando è arrivato ha fatto una fatica tremenda. Furono due anni difficili per Kakha...”.
Arrivo al Milan: “Ero felicissimo, fu un momento speciale. C’è una bella storia sul mio numero, il 7. Ricordo che arrivò Ibrahim Ba, mi disse “Se vuoi ti lascio questo numero”. Io ringraziai, era perfetto. Due giorni dopo mi chiamò un amico d’infanzia, mi disse: “Sai che in lingua ebraica, “sette” si diche “sheva”? Io non ci potevo credere. Mi disse che mi avrebbe portato fortuna. Ed è successo questo”.
Rapporto con i tifosi: “Il rapporto speciale con la gente del Milan è sempre dentro il mio cuore. Le emozioni che ho provato sono indescrivibili. Ricordo al secondo anno, gol dopo gol, domenica dopo domenica, a San Siro c’erano sempre più bandiere dell’Ucraina. Pelle d’oca: ogni volta che i tifosi cantavano, erano emozioni speciali”.
Vittoria piu bella: “Senza dubbio: la finale di Manchester a Old Trafford contro la Juve. Quella era una Juventus fortissima, ad Old Trafford che è uno stadio speciale, per la prima finale della mia vita: è stata la partita più importante della mia vita”.
Sui personaggi: “Kakà: mai visto nella storia del Milan un giocatore così perfetto, entrato così pienamente dentro i meccanismi di squadra. Dopo un solo allenamento ho capito che questo era un ragazzo speciale, che con lui avremmo fatto un salto di qualità: ha cambiato la marcia del Milan. Maldini: è la storia del Milan, un grande capitano, un grande amico, un grande giocatore. Berlusconi: un grand presidente, una persona che ha creato 25 anni di incredibile storia del Milan. Non so se sarà mai di nuovo possibile vedere il Milan così in alto per tutto quel tempo, da migliore squadra al mondo”.
Su Ancelotti: “Un allenatore-amico. Una persona speciale, lui è stato la nostra fortuna, la fortuna del milan, e noi siamo stati la fortuna di Carlo. Era bellissimo il rispetto che avevamo l’uno per l’altro, il rapporto di amicizia che ci lega. Di lui porto con me la gestione del gruppo, il rapporto con i calciatori. Significa tanto trovare una persona di cui ti puoi fidare, con cui puoi condividere le tue cose”.
Sul rigore di Manchester: “Non dimenticherò mai quei 12-15 secondi, quelli in cui camminavo da metà campo per andare a tirare il rigore. In quei momenti ti passa tutta la vita davanti, da quando sei bambino, poi cresci con i tuoi sogni e andando verso il dischetto capisci che adesso, in questo momento, puoi realizzarli. E poi quando andavo mi dicevo di restare sicuro, di tirare come già sapevo, di non cambiare idea. Guardavo l’arbitro, poi la palla, poi Buffon, finalmente ho sentito il fischio e ho calciato come ho voluto”.
Sul gol da 40 metri vs Juve: “Quel Milan aveva bisogno di certezze, fu una partita incredibile. Non tante volte ti capitano gol del genere, anche provando e riprovando. Ma ho tirato in porta, altro che cross! Zero dubbi. Anzi, fu un’azione stupenda: mi girai, poi slalom e un tiro incredibile”.
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